Autorealizzazione

“I due concetti, realizzazione del Sé e conoscenza di Dio, sono sinonimi. Se cercherai, meditando profondamente, di disperdere la nebbia dell’irrequietezza, ti accorgerai di essere giunto nel vasto regno dell’anima pervaso di eterna felicità interiore.”  

PARAMAHANSA YOGANANDA

La Meditazione è una delle discipline più antiche dell’India. E’ un processo di auto-realizzazione mediante auto-osservazione. Si inizia osservando il respiro naturale al fine di concentrare la mente, ciò serve a sviluppare una consapevolezza più acuta, con la quale si procede ad osservare direttamente la natura mutevole del corpo e della mente, sperimentando la verità universale dell’impermanenza. Il processo di realizzazione del se consiste in questa comprensione della verità per esperienza diretta. L’intero cammino (Dhamma) è un rimedio universale per dei problemi universali e non ha niente a che fare con le religioni. Perciò la meditazione può essere praticata da chiunque, in qualsiasi luogo ed in ogni momento, senza che ciò generi conflitti dovuti a razza, comunità e religione. Tutti ne potranno trarre beneficio.

La Meditazione tende alle più alte mete spirituali di liberazione totale fino alla completa illuminazione. Il suo intento non è quello di curare le malattie fisiche, anche se, come conseguenza del processo di auto-purificazione della mente anche il corpo ne può trarre beneficio. In effetti la meditazione elimina le tre cause di ogni sofferenza: bramosia, avversione e ignoranza. Una volta appresa la tecnica, con la pratica continua, la meditazione allenta le tensioni accumulate nella vita quotidiana e scioglie i nodi prodotti dalla vecchia abitudine di reagire in maniera disequilibrata alle situazioni di ogni giorno.

La Meditazione è una delle discipline più antiche dell’India, per lungo tempo dimenticata dall’umanità, fu riscoperta da Gotama il Buddha più di 2500 anni fa. Benché sia stata sviluppata dal Buddha, la sua pratica non è limitata ai buddisti. Tutti gli esseri umani desiderano la gioia e vogliono eliminare lo stress indipendentemente da fede, religione e credenze, migliaia di meditatori in tutto il mondo traggono costantemente dei benefici da questa pratica il cui obbiettivo è quello di scoprire il proprio mondo interiore e realizzare a pieno se stessi, sviluppando e risvegliando le virtù di ognuno.

Le dieci pāramī (o virtù)

“Le virtù elevanti sono poche, poiché conducono nel centro del nostro essere e sono già vicine a esso.”

PARAMAHANSA YOGANANDA

Sīla (moralità)

Che io possa essere disciplinato e di modi gentili.

Possano i miei pensieri, parole e azioni essere pure.

Che io possa essere sempre una persona di elevati princìpi

Dāna (generosità)

Che io possa essere generoso e possa servire gli altri al meglio delle mie capacità

Vīriya (sforzo)

Che io possa essere energico, vigoroso e perseverante.

Che io possa usare tutta la mia energia finchè non raggiunga il mio obiettivo.

Che io possa non temere alcun pericolo e superare gli ostacoli con coraggio.

Khanti (pazienza)

Che io possa essere sempre paziente.

Che io possa perdonare e sopportare il male fatto da altri.

Che io possa essere sempre tollerante e vedere quello che di buono c’è il ognuno.

Nekkhāmma (rinuncia)

Che io possa non essere egoista e possessivo, ma umile e disinteressato.

Sāccā (verità)

Che io possa essere sempre onesto e degno di fiducia.

Che io possa non nascondere la verità per essere gentile.

Che io possa non deviare mai il cammino della verità.

Adhitthāna (forte determinazione)

Che io possa essere fermo, risoluto e avere una volontà ferrea.

Che io possa essere “delicato come un petalo di rosa e forte come un diamante”.

Upekkhā (equanimità)

Che io possa rimanere calmo e bilanciato anche quando giungono le difficoltà.

Che io possa sviluppare una mente equilibrata.

Che io possa coltivare un’equanimità perfetta.

Pãnnã (saggezza)

Che io possa essere saggio e vedere le cose come sono veramente.

Che io possa essere illuminato e aiutare gli altri a illuminarsi.

Che io possa condividere con gli altri i benefici di quello che ho imparato.

Mettā (amore compassionevole)

Che io possa essere libero da malevolenza, rabbia e negatività.

Che io possa essere sempre amabile, amichevole e pieno di compassione.

Che io possa sempre vedere gli altri come fratelli e sorelle.

Prima di esplorare l’ignoto ‘Ātmā’, il sādhaka deve esplorare il ‘noto’: il proprio corpo, la propria mente, l’intelletto e l’ego. Quando conosce il ‘noto’ nella sua totalità, questi convergono nell’ ‘ignoto’ come fiumi che convergono nel mare. In quel momento egli sperimenta il più alto stato di gioia (ānanda).  

In primo luogo, lo yoga tratta della salute, della forza e della conquista del corpo. Successivamente, solleva il velo della differenza tra il corpo e la mente. Infine, conduce il praticante alla pace e alla purezza incontaminata.

Lo yoga insegna sistematicamente all’uomo di cercare la divinità dentro di sé minuziosamente e con efficienza. Si cela al corpo esterno, volgendosi al sé interiore. Egli procede dal corpo ai nervi, e dai nervi ai sensi. Dai sensi egli entra nella mente che controlla le emozioni. Dalla mente penetra l’intelletto, che guida la ragione. Dall’intelletto, il suo percorso conduce alla volontà e quindi alla coscienza (Cittā). L’ultima fase è dalla coscienza al sé interiore, il centro del nostro essere (Ātmā).